Sull’ampio terrazzo, collocato in
fondo alla zona calpestabile, vi è uno stendino, vuoto, in cui è appeso, con un
gancio, un cestino colmo fino all’orlo di molle per tenere fermi i panni.
La leggera brezza fa muovere
lentamente il contenitore su e giù, come fosse il pendolo di un orologio.
Attraverso gli spazi aperti del parapetto, in lamiera verniciata bianca, ampi e
regolari, si può, senza troppa fatica, scrutare, seduti , il panorama
circostante.
Osservo e ascolto e, di tanto in
tanto mi alzo per evitare gli ostacoli e rendere pienamente libero il mio
sguardo al fine di poter apprezzare meglio ciò che vedo e sento.
Le due piscine di fronte, con l’acqua
riscaldata dal cocente sole, proiettano verso
il cielo il colore blu dei loro fondali, unitamente alle grida divertite dei suoi piccoli
occupanti. Due secolari pini marittimi con la chioma un po’ inclinata, sembrano
prostrarsi come riverenti verso uno dei manufatti e i suoi simpatici bagnanti ,
quasi come un gesto di protezione simile a quello della chioccia con i suoi
pulcini.
Due tortore, incuranti del forte
vocio, stanno tubando sopra il tetto del vicino caseggiato. Il chiasso s’interrompe
per qualche attimo, quando nella vicina strada passa un automezzo dei pompieri
che fa uso della sirena. Subito dopo riprendono i rumori.
Lo scrosciare dell’acqua, provocato
dai tuffi e lo sbracciare dei bambini sembrano vibrazioni di una musica naturale, disturbata soltanto dalle
grida di soddisfazione degli astanti.