BENVENUTO NEL MIO BLOG

IN QUESTO SITO SONO INSERITI ALCUNI VIDEO E FOTO DELLE MIE OPERE E MOSTRE DI PITTURA AD OLIO, RECENTI E MENO RECENTI, SU ALCUNI QUADRI MI SOFFERMERO', DI TANTO IN TANTO, AD ILLUSTRARNE I CONTENUTI E LE TECNICHE ADOTTATE.

INSERIRO' INOLTRE QUALCHE APPUNTO TRATTO DAL MIO DIARIO E ALCUNI VIDEO DEI MIEI VIAGGI.


venerdì 30 novembre 2012

mercoledì 28 novembre 2012

domenica 25 novembre 2012

PENSIERI

Oggi c’è una leggera brezza, dagli alberi cadono le foglie, gialle rossicce e marrone. Si posano lentamente sul selciato. Una rincorre l’altra e, poi, un’altra ancora, senza sosta ad intervalli non regolari. Il terreno piano piano diventa un soffice tappeto variegato di colori autunnali e modifica la cromaticità del paesaggio.
Sopra il muretto di cinta di una casa c’è una pila crescente di foglie.
Il caco mette a nudo i suoi frutti. Alcuni uccelli (tordi e merli) con astuzia si preparano il pasto picchiando più volte con il becco sul caco non maturo. Guastandosi anticiperà la maturazione e sarà pronto per essere cibato.
Alcuni alberi giallo rossiccio s’impongono in mezzo a due pini e ad una tuja.
La tonalità dei colori è magica, i gialli variano: da quello pallido al più intenso sino al rossiccio.
In alcuni cespugli, a foglia caduca, si intravedono alcuni nidi abbandonati.
I platani, quasi spogli dalle foglie ocra scuro, fanno scorgere i loro arbusti e le ramificazioni maculate di bianco e marrone.
Le foglie gialle e rosse hanno avvolto, qua e là, un pino nano, dando ad esso la parvenza di un bellissimo albero di Natale pieno di balocchi.
E’ l’ora del pittore, deve cogliere l’istante e riportarlo sulla tela. Non deve indugiare nella composizione perché le immagini stanno rapidamente cambiando: l’intensità della luce, le ombre e la vegetazione esuberante sta divenendo sempre più brulla. 
Ilario Menegaldo

martedì 20 novembre 2012

domenica 18 novembre 2012

IL MERLO E LA NEVE.

Oggi, al primo bagliore del mattino ha iniziato a nevicare in modo cospicuo. Folate di vento facevano roteare la neve come una turbine. Predominante era il silenzio degli uccelli, soprattutto dei passeri soliti a cinguettare nelle prime ore dell’alba. Una coppia di merli razzolava sul sottile strato di neve, che nel frattempo si era depositato sul terreno. La femmina era marrone con la coda inzuppata di neve e, il maschio tutto sgargiante aveva le penne di un nero vigoroso. Cercavano, nell’angolo di un muretto, del cibo, forse qualche verme, un seme o una briciola di pane. L’intensità del loro agire e il prolungarsi della loro ricerca facevano presagire l’assenza di qualcosa di commestibile. Pur tuttavia imperterriti non smettevano la loro azione. Sono rimasti lì anche quando, è passato loro vicino, un frettoloso passante, avvinghiato da un pesante pastrano con sciarpa e berretto, tutto proteso ad osteggiare il vento che voleva strappargli l’ombrello. Guardandoli provocavano tenerezza! Il desiderio di sopravvivenza dava loro la carica a non smettere, per superare le difficoltà del momento, quasi protetti nell’agglomerato urbano, in cui alloggiano e, gli abitanti, quasi inconsapevolmente, forniscono loro le condizioni d’esistenza.                                                                                                                                                                                                                             Ilario Menegaldo

martedì 13 novembre 2012

IL PASSERO ASTUTO.


Alla periferia di un paesino, in prossimità della città e, all’interno di una zona agricola, in una casa rurale ristrutturata, con uno spazio verde, recintato, di circa dieci mila metri quadrati, Marta, la padrona, aveva appena sparso diverse briciole di pane e numerosi pezzetti di crosta di formaggio, fuori della porta della cucina, sopra a delle grandi pietre in porfido, che fungevano da marciapiede e, che collegavano l’entrata della cucina alla stradina che conduceva al passo carraio. Non era la prima volta che compiva questa azione. Tanto è l’amore che ha per la natura e per gli uccelli che in gran numero frequentano il suo giardino. Fornisce loro periodicamente del cibo, quasi per ripagarli del piacere della loro vista e, della musica che le offrono, nel silenzio della campagna, con i loro prolungati gorgheggi, fischi e cinguettii.

Attraverso il vetro della finestra e della porta della cucina, si potevano vedere diversi passeri che svolazzavano e saltellavano circuendo con circospezione lo spazio in cui si trovavano le provvidenziali provviste. Muovevano in continuazione le loro piccole teste, per scrutare eventuali pericoli. Un merlo adulto, dal colore nero brillante, si è avvicinato senza troppe esitazioni, anticipando i propositi dei passeri, ha afferrato con rapidità un grosso pezzo di formaggio e, tenendolo stretto con il becco, è volato più in là di qualche metro fermandosi vicino ad una siepe, con l’intenzione di inghiottirlo senza essere disturbato. Due passeri, che si trovavano nelle retrovie, non hanno sottovalutato la scena e l’hanno subito raggiunto. Il merlo, appena si sono avvicinati, capendone le intenzioni, si è subito spostato saltellando. Per entrambi i passeri, il primo tentativo di sottrargli il pezzo di formaggio è risultato infruttuoso. Alla seconda prova il passero più solerte, con un saltello svelto, è riuscito a togliergli dal becco il bottino e volare via. Il merlo ha rinunciato ad inseguirlo ed è ritornato nella zona in cui il cibo ancora abbondava. Dopo aver riempito il becco è volato via, e, quando si è posato sull’erba, ha trovato ancora ad insidiarlo altri passeri. Ha dovuto andarsene per soddisfare il proprio appetito.

Il merlo si era approvvigionato sfidando i velati pericoli che il contesto poteva riservargli. I passeri invece, con le loro movenze, volevano evitare ogni situazione di pericolo, rubando al merlo ciò che si era giustamente guadagnato. La scena sembrava quasi attingere dal comportamento dell’uomo che talvolta approfitta delle fatiche altrui per ottenere vantaggi economici o d’immagine non meritati.
                                                                                                             Ilario Menegaldo

 

domenica 11 novembre 2012

LE SOFFERENZE DEL PITTORE GIUSEPPE

Giuseppe, il geometra, era un uomo esile, alto un metro e 70 cm., aveva circa 65 anni e li dimostrava tutti. Non era sposato. Viveva nelle immediate vicinanze della città in una casa a due piani con giardino, assieme alla mamma novantenne e ad una sorella non maritata. Aveva svolto per diversi anni l’attività di imprenditore. Le sue ricchezze, per ingenuità, ad un certo punto erano svanite, a causa della troppa fiducia in collaboratori sleali. Costoro avvalendosi delle deleghe ricevute, avevano intrapreso, a sua insaputa, operazioni a rischio tanto da portare l’azienda, in breve tempo, al disastro economico. Da allora, si era ritirato dalla vita lavorativa. Negli ultimi tempi il suo sostentamento era legato unicamente all’esigua pensione che percepiva e quella della madre. La casa che occupava era di proprietà del fratello.

La sua gran passione era la pittura. Aveva allestito, in due stanze, lo studio in cui trascorreva parte delle sue giornate. Dipingeva, essenzialmente paesaggi e natura morta, interponendo a loro, di tanto in tanto, la riproduzione di opere di grandi pittori, dimostrando, con queste, una capacità d’esecuzione migliore dei suoi dipinti “en plein air” o di fantasia. Tanto che una galleria gli commissionò la copia di dieci dipinti su tela che alla consegna pagò regolarmente.  Ne richiese altri dieci e, al ritiro, rinviò il pagamento alla consegna successiva. Il prelievo di questi ultimi non è più avvenuto e, al buon Giuseppe, sono rimaste le dieci copie dei dipinti ed un credito mai riscosso.

Dopo aver frequentato lo studio di un amico pittore, esperto in grafica, aveva ben appreso le tecniche tanto da meritarsi dei riconoscimenti in alcune mostre collettive a concorso.

Un giorno un amico gli annunciò di aver fornito il suo nominativo ad un conoscente, che aveva espresso il desiderio di offrire agli invitati del proprio matrimonio un’opera in grafica come bomboniera.

Giuseppe si prodigò a far incorniciare una cinquantina di grafiche, che appese al muro di un’apposita stanza, per dar modo al possibile acquirente di poter scegliere con facilità. L’incontro è avvenuto e l’interessato si accordò sul numero di copie, il prezzo e la data di fornitura. Il ritiro delle opere, poi, non avvenne poiché il matrimonio, per intervenuti dissensi fra la coppia, non fu celebrato. Giuseppe venne a conoscenza dell’imprevisto solo parecchi mesi dopo, e, in via indiretta.       

In lui era connaturato un sentimento profondo sull’ospitalità, che peraltro elargiva, quasi inconsapevolmente, a tutti coloro che lo andavano a trovare. Apriva la dispensa ed offriva, con spontaneità, quasi bambinesca, quel poco che possedeva.

La mamma, inferma, era accudita dalla sorella, la quale si faceva anche carico di tutte le incombenze domestiche. Giuseppe si occupava soltanto degli approvvigionamenti della casa.  Assolta quest’incombenza poteva dedicarsi alle attività hobbistiche che più preferiva.

L’arte della pittura era il suo mondo. Partecipava a numerose mostre sia nel suo comune sia in altre città italiane. Era talmente appassionato in questa materia che seguiva anche le trasmissioni televisive in cui le “Case d’arte” offrivano in vendita quadri di pittura. Tanto che, una volta, si fece coinvolgere nell’acquisto di due quadri privi di alcun valore intrinseco.

La sorella, più giovane di lui di qualche anno, si ammalò di un male incurabile e dopo tre mesi morì.

Il modo di vita di Giuseppe, con una rapidità sconvolgente, si capovolse.

Doveva accudire la mamma e farsi carico di tutte le faccende domestiche. Il tempo da dedicare alla sua attività artistica era ormai subordinato ai nuovi impegni, e, la partecipazione alle mostre fu necessariamente interrotta.

Riuscì a sostenere questo tipo di vita per quasi cinque anni e terminò quando la madre cessò di vivere.

Era rimasto solo con il suo cane, cui era molto affezionato, un cocker di color marrone chiaro, che chiamava con il nome di “Pongo”. Fra i due vi era una simbiosi che si poteva riscontrare quando lo andavi a trovare. Il cane ubbidiva con prontezza ad ogni comando di Giuseppe.

Questo connubio durò poco. Un giorno Pongo, dopo aver girovagato nelle proprietà dei vicini, ritornò con delle ferite profonde, presumibilmente provocate dal lancio di un forcone. Nonostante le cure, il cane dopo alcuni giorni morì. La disperazione di Giuseppe era enorme! Ora sentiva di essere veramente solo!

Un giorno uno dei suoi amici gli fece visita e chiese di poter vedere i quadri nel suo studio. Giuseppe con imbarazzo lo portò in uno stanzino dove aveva accatastato ciò che gli restava delle sue attrezzature ed opere di pittura.

Il fratello gli aveva ridotto gli spazi a sua disposizione e lo aveva relegato in due stanze (camera, cucina e servizio) e, un piccolo magazzino. Non poteva più fruire del giardino e neanche della piccola porzione di terra che aveva adibito ad orto. Poteva solo avvalersi di un piccolo spazio scoperto, davanti all’entrata, in cui poteva parcheggiare la sua vecchia automobile. Tanto che non era agevole entrare in casa sua.

Da qualche tempo soffriva di insufficienza respiratoria e, dopo una visita medica, dovette farsi ricoverare, in un reparto specializzato, nell’ospedale di un’altra città. Si recò da solo, guidando la propria macchina.  Durante la degenza, ogni tanto si assentava dalla camera dell’ospedale, per mettere in moto l’automezzo, in modo che la batteria non si scaricasse e, poter così, una volta guarito, ritornare nella propria abitazione.

Fu dimesso e lo dotarono di una bombola d’ossigeno con le cannule collegate al naso. Con tale attrezzatura è salito in macchina e si è avviato verso casa. Durante il percorso è stato fermato, per controlli, da alcuni agenti della polizia stradale. Giuseppe ha tirato giù il finestrino e, gli Agenti, rendendosi conto della situazione l’hanno invitato a proseguire.

Da quella bombola non si è più diviso. Gli era ormai indispensabile per vivere.

A parte qualche fuggevole visita di amici e sporadici aiuti, Giuseppe cercò di sopravvivere da solo. Finché si aggravò e dovette rifare, senza poter informare alcuno, il percorso verso l’ospedale, dove dopo alcuni giorni cessò, in silenzio, di soffrire, senza recare disturbo a nessuno.

La sua automobile, come testimonianza, era parcheggiata al solito posto, con la batteria scarica.

  
Ilario Menegaldo

 

mercoledì 7 novembre 2012

GESTI DA IMITARE


GESTI DA IMITARE.

Nel cielo la luna, quasi piena, brillava come una palla di fuoco e, il mare rifletteva i suoi colori. Le leggere onde li trasformavano in mille incantevoli sfumature.

Sulla terrazza, ai limiti della spiaggia, il Disc Jockey coinvolgeva, con grande abilità, il pubblico, rendendo l’intrattenimento interessante anche ai più riservati.

Lo spazio libero, antistante l’area della musica, era occupato, su sollecitazione del DJ da alcune coppie che nel ballo classico davano il meglio di sé.

Da un lato vi erano numerosi tavolini, alcuni con due o quattro persone, in uno vi erano sedute accanto, due ragazze austriache di cui una molto bella. Sorseggiavano, in un grande bicchiere, una bevanda di colore arancio. Alle loro spalle, una mamma e la figlia, affetta da sindrome di Down, ascoltavano la musica.

Nell’altro versante della sala vi era un lungo tavolo con venticinque persone attorno che cenavano: amici e conoscenti che celebravano una ricorrenza. Dietro a loro un tavolo con una famiglia: una coppia di giovani sposi, due genitori (dai lineamenti i parenti di lei) e, una bambina tredicenne brasiliana di colore, che festeggiava il compleanno.

Quando l’orchestra ha iniziato a suonare ritmi brasiliani, la bambina ha incominciato a ballare dando sfogo alla sua vitalità, con grande passione, coinvolgendo i genitori adottivi e, più volte, anche i nonni. Osservando le espressioni dei loro volti, il sorriso della bambina, del papà e soprattutto della mamma, emergeva una scena di vita bellissima, in cui l’affetto era il protagonista. L’atmosfera era di una grande tenerezza. Dagli occhi di tutti e tre sprizzavano lampi di gioia che ti coinvolgevano. Sorrisi in perfetta simbiosi tra di loro.

Il DJ ha fatto salire la bambina su una sedia per mimare, da protagonista, i ritmi di una canzone, facendo anche partecipare la gran parte dei presenti e, al passaggio di un venditore, di colore, che vendeva rose rosse ne ha comprato una e, con il microfono ha scandito: “Ora do questa rosa alla più bella ragazza della serata”, carpendo, ovviamente, l’attenzione dei presenti. Si è avvicinato alle due ragazze austriache, le ha oltrepassate, ed ha offerto la rosa alla ragazza Down.  Dal suo volto ho visto una gioia grande, indescrivibile, che si rifletteva conseguentemente su quella della mamma.

Ho pensato, questo è un animatore non solo professionalmente valido ma soprattutto umano e conosce la “solidarietà”. Ci ha dato un bel esempio! Bravo ho pensato in cuor mio!

La serata è continuata con la medesima atmosfera.

Quando i genitori della bambina brasiliana si sono alzati, per abbandonare la sala, hanno ringraziato per il coinvolgimento, qualcuno ha detto loro: “Grazie a voi perché ci avete appagato con i vostri sorrisi!

 E’ importante saper guardare le grandi sfumature della vita, in quanto sono preziose per arricchirti nei valori, che dovrebbero essere insiti in ciascun di noi.

domenica 4 novembre 2012

giovedì 1 novembre 2012

VIDEO DI ALCUNE OPERE

PITTURA AD OLIO

VIDEO 2 DI ALCUNE OPERE

VIDEO MOSTRA BIADENE DI MONTEBELLUNA (TV)

VIDEO MOSTRA DI MIRANO (VE)

VIDEO DI ALCUNE MOSTRE

VIDEO MOSTRA A SCORZE'

VIDEO: ANATRE, CIGNI E FOLAGHE NEL FIUME SILE E QUADRI AD OLIO

PITTURA AD OLIO - VIDEO MOSTRA DI ZERO BRANCO (TV)

MOSTRA A MASSANZAGO (PD)