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IN QUESTO SITO SONO INSERITI ALCUNI VIDEO E FOTO DELLE MIE OPERE E MOSTRE DI PITTURA AD OLIO, RECENTI E MENO RECENTI, SU ALCUNI QUADRI MI SOFFERMERO', DI TANTO IN TANTO, AD ILLUSTRARNE I CONTENUTI E LE TECNICHE ADOTTATE.
INSERIRO' INOLTRE QUALCHE APPUNTO TRATTO DAL MIO DIARIO E ALCUNI VIDEO DEI MIEI VIAGGI.
INSERIRO' INOLTRE QUALCHE APPUNTO TRATTO DAL MIO DIARIO E ALCUNI VIDEO DEI MIEI VIAGGI.
sabato 31 dicembre 2016
lunedì 19 dicembre 2016
venerdì 7 ottobre 2016
venerdì 16 settembre 2016
mercoledì 24 agosto 2016
martedì 9 agosto 2016
IL TRAGHETTO
In fondo al grande
viale dove c’è la rampa di legno, che permette l’accesso al traghetto, vi è un
bel nido di cigni, bianchissimi, che noncuranti del frequente passaggio di:
pedoni, cicli e automobili, che s’imbarcano nel grosso natante, sono lì che
covano le uova. La stessa coppia è da qualche anno che nidifica in quel luogo. La femmina svolge la sua naturale mansione di
madre mentre il maschio si erge a protezione della futura prole, dando talvolta
il cambio affinché la compagna possa fugacemente nutrirsi. I passeggeri, dopo
aver ammirato la bella scena, accedono sul traghetto, per la traversata del
fiume Livenza. Le persone e i veicoli sono accolti, nei limiti di
capienza del grosso barcone, attraverso un’ampia fenditura a poppa. Appena saliti,
il personale preposto si prodiga a ritirare i tickets previsti per il trasporto.
Conclusa l’incombenza, un marinaio scioglie la grossa catena, legata ad una
“briccola”, per rendere libero il barcone. Il capitano si mette ai comandi nella
prua e contemporaneamente chiude, a poppa, il grande portellone, per mettere in
sicurezza i passeggeri. Il mezzo comincia a muoversi. Gli astanti pregustano il
fascino del viaggio e rivolgono la loro attenzione alle trasparenti acque del fiume, che sfociano poco distante
nel mare Adriatico. Ciascuno da corso alle proprie fantasie, mentre il
capitano, dopo aver avviato i motori, con una professionale virata solca le
acque antistanti all’imbocco della darsena di Porto Santa Margherita, facendo
attenzione ai motoscafi che rientrano, dirigendosi verso la sponda opposta in
territorio di Caorle. Dopo circa due minuti gli utenti sono pronti per lo sbarco.
Le iniziali fantasie, per la brevità del percorso, si sono assopite, con l’espressa
delusione dei viaggiatori più piccoli.
lunedì 25 luglio 2016
lunedì 18 luglio 2016
domenica 10 luglio 2016
TRISTE EPILOGO DI UN MERLO
Ero
in studio, al primo piano della mia residenza, quando dall’esterno, attraverso
la finestra chiusa, ho udito una fievole voce familiare che proveniva dal
giardino che, con insistenza, mi chiamava. Aperta la finestra, ho scorto Diana
che con un cenno mi invitava a scendere. Giunto sul posto mi faceva osservare che all’interno
di un cespuglio si sentiva, di tanto in tanto, uno strano fruscio. Fattomi largo, fra i rami, ricchi di cospicue foglie fresche
ho scoperto all’interno un vuoto, all’apparenza una cavità. In una delle fronde
vi era attorcigliato, ben saldo, un filo di nylon che si estendeva verso il
basso per trenta e/o quaranta centimetri.
All’altro capo, vi era legato a una zampa un merlo di un nero sgargiante.
Batteva, di tanto in tanto, le ali per rialzarsi e fuggire da quella
costrizione, cadendo subito dopo con la testa all’ingiù. Era stremato,
probabilmente era un po’ di tempo che era in quella posizione. Dopo aver preso,
dolcemente, in mano il merlo, ho
srotolato il filo di nylon dal ramo potendo così togliere il volatile dalla sua
infelice posizione. Aveva il cuore che batteva forte, forte. Ho cercato di
accarezzarlo e, con le parole, di rassicurarlo che presto sarebbe stato libero
di tornare là da dove era venuto. Con una forbicina ho iniziato a toglierli il
filo di nylon che era saldamente legato, con un nodo, a una zampa, tanto da
avergli inciso la carne. Il cuore gli batteva sempre più forte. Non sono
riuscito a completare l’operazione, all’improvviso il petto ha cessato di
battere e il merlo è rimasto, nelle mie mani aperte, immobile. Ho provato un forte
dispiacere e mi sono sentito quasi in colpa per non averlo liberato più rapidamente.
Il triste epilogo forse era oggetto di una ragazzata, o peggio e, più
deprecabile, l’opera di un adulto che con una rete ha provato a catturarlo. Azione
da biasimare e di monito per il futuro.
giovedì 31 marzo 2016
mercoledì 9 marzo 2016
Molte volte
ho curato la presentazione delle opere di Ilario Menegaldo e ho sempre
trovato di grandissimo interesse i suoi
dipinti. Non mi stancherei mai di
ammirarli perché ogni volta scopro nuovi motivi che l’artista inserisce o
rinnova, nuovi temi, nuovi colori, nuovi formati. Ritrovo aspetti che
precedentemente avevo trascurato o che mi erano totalmente sfuggiti.
Conoscendo i lavori precedenti, ho il vantaggio ed il privilegio di capire quale
percorso di maturazione e di evoluzione ha compiuto il nostro artista.
Intanto,
e questo è l’aspetto più appariscente, attraverso questi quadri potrei
effettuare un excursus attraverso le stagioni: c’è il freddo inverno, con la
neve ed il ghiaccio, che ci introduce in un’atmosfera di sogno, di pace, di
silenzio con tinte che invitano alla meditazione ed al raccoglimento. Poi la
primavera, con i suoi colori teneri, con il cielo mutevole cosparso di bianche
nuvole fuggenti. La calda estate di assolati meriggi, con le bionde messi
mature e le ombre profonde della vegetazione in un’atmosfera immota. Il mite autunno, dolce e malinconico pieno di colori cangianti, verde stanco e
giallo brillante di foglie cadenti. Ed è attraverso questo fuggire del tempo
che l’artista ci fa percepire una specie di Sehensucht romantica. Ogni
passaggio di stagione sembra rimpiangere la passata e morta, in un perpetuo
ciclo vitale di tramonto e di rinascita che il pittore magistralmente ci
illustra. Nei suoi dipinti si percepisce una serena e mesta sensibilità, come
un sogno ormai passato e fiso sulla tela, nell’aspettativa di quello che verrà,
nuovo e più brillante. Una nostalgia intensa di luoghi dove si vorrebbe
ritornare, di scenari che si vorrebbero rivedere, di situazioni già trascorse che si vorrebbero
rivivere. Il quadro, come rappresentazione cristallizzata di un istante
irripetibile, instilla una piccola ma luminosa speranza per il futuro. Questo è
lo stato d’animo, la “Stimmung” a cui le opere di Ilario ci spingono. Noi, inguaribili romantici, ci troviamo di
fronte ad una “concordia discors”, una dialettica tra passato, presente e futuro. Le nostre
intime inquietudini divengono forti di fronte a queste suggestive rappresentazioni, a questi
paesaggi ricchi di colore, efficaci nel tratto e nella pennellata ora rapida,
ora larga ora raffinata, di fronte all’acqua quasi onnipresente, ubiqua, chiara,
liscia, riflettente, misterica, profonda. Diceva Caspar David Friedrich,
eccellente pittore:”L’artista si guardi dalla fredda tecnica ed erudizione,
dalla cavillosa e fredda precisione, dalla pedissequa imitazione perché questi
atteggiamenti uccidono il cuore. E quando il sentimento ed il cuore sono morti
negli uomini, l’arte non può più dimorarvi.” Ecco, così: nelle sue opere Ilario
trasfonde tutto il suo sentire, il suo cuore e sentimento, tutta la sua Weltanschauung,
la sua visione del mondo piena di colore e di calore.
Prof. Umberto Benazzato
venerdì 19 febbraio 2016
martedì 5 gennaio 2016
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