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IN QUESTO SITO SONO INSERITI ALCUNI VIDEO E FOTO DELLE MIE OPERE E MOSTRE DI PITTURA AD OLIO, RECENTI E MENO RECENTI, SU ALCUNI QUADRI MI SOFFERMERO', DI TANTO IN TANTO, AD ILLUSTRARNE I CONTENUTI E LE TECNICHE ADOTTATE.

INSERIRO' INOLTRE QUALCHE APPUNTO TRATTO DAL MIO DIARIO E ALCUNI VIDEO DEI MIEI VIAGGI.


lunedì 27 agosto 2012

giovedì 23 agosto 2012

TALVOLTA I BAMBINI DANNO INCONSAPEVOLMENTE LEZIONI DI VITA!

A mezzogiorno, il sole infuocato splendeva nel cielo limpido. La sabbia sulla spiaggia era asciutta, calda, e scottava i piedi nudi. Per lenire la sofferenza le persone, in movimento, saltellavano con rapidità sino al proprio spazio d’ombra. L’arena era bagnata dalle onde di un mare calmo che rifletteva, se pur con maggior intensità, l’azzurro del cielo.
A poche miglia dalla riva numerose barche facevano sfoggio delle loro meravigliose vele. Più vicino, alcuni pedalò, in gran movimento, erano utilizzati da ragazzi, che, per gara si tuffavano nell’acqua e, poi, nuotando risalivano rapidamente nel mezzo acquatico per ripetere la prodezza. Nello spazio in cui si esibivano, non vi erano bagnanti, mentre più in qua la superficie del mare era invasa da miriadi di teste galleggianti che scomparivano nei flussi e poi riemergevano.
Numerosi ombrelloni dalle tinte variegate e dai colori vivaci occupavano, con dimensioni e forme diverse, la parte della spiaggia libera, quasi addossati uno sull’altro e disposti in modo casuale. Di là dal muretto e, al di qua, dove la spiaggia è assegnata in concessione agli stabilimenti balneari e ad alcuni condominii, i colori e le forme degli ombrelloni si presentavano omogenei, così come le sedie a sdraio. Le aree riservate agli utilizzatori, erano abbastanza spaziose e, le attrezzature, tra un gestore e l’altro, per esigenze di visibilità, erano nel loro insieme, diverse per struttura e tinta.
Quest’ambiente, piuttosto caotico, a un tratto, si è quasi offuscato, e la mia attenzione è stata attratta da una scena di vita che merita di essere descritta:
Oltre al muretto, vicino a due sedie a sdraio e a un ombrellone, vi era in costruzione un castello di sabbia. Due bambini della stessa altezza e della medesima età (circa quattro anni), stavano arrivando dal bagnasciuga con un secchiello pieno d’acqua, diretti verso il loro cantiere per ultimare i lavori. Il recipiente era pieno sino all’orlo, ma l’acqua non tracimava, poiché era tenuto dai protagonisti in perfetto equilibrio. Un bambino teneva il manico con la mano sinistra e l’altro con la mano destra. I loro sguardi trasmettevano una felicità travolgente. Il bambino di sinistra era di pelle nera e quello di destra di pelle bianca. Perfetta integrazione di razze!
Dovremo prendere esempio dalla genuinità di queste scene per mettere  al bando le incomunicabilità tra i popoli.
                                                                Ilario Menegaldo

lunedì 20 agosto 2012

domenica 19 agosto 2012

domenica 12 agosto 2012

lunedì 6 agosto 2012

UNA GIORNATA A VENEZIA


VISITA A VENEZIA
Ci siamo svegliati presto. Il treno, regionale, che dovevamo prendere per Venezia partiva da Treviso alle 17,14. Per evitare di pagare il ticket nel parcheggio adiacente alla stazione per la durata della nostra assenza, prevista per l’intera giornata, avevamo preso in considerazione la possibilità di recarci nel luogo in bicicletta. Nostro figlio Alberto, che abitualmente esce da casa alle ore sette, per essere al lavoro alle otto, ha anticipato, per evitarci il disagio, le sue consuetudini, e ci ha portato con l’automobile davanti alla stazione.  In questo modo siamo riusciti a prendere, senza alcuna difficoltà, il previsto treno.
La giornata si presentava afosa.
Abbiamo trovato sistemazione in un vagone di seconda classe. Era in funzione l’aria condizionata, per cui l’ambiente era abbastanza confortevole, anche se i posti che abbiamo occupato avevano le poltrone, rispetto a quelle antistanti, con spazi un po’ angusti. Durante il percorso alcuni passeggeri, che probabilmente in precedenza avevano socializzato, s’intrattenevano in lunghi discorsi, altri osservavano, in silenzio, attraverso i finestrini, il paesaggio che scorreva via veloce, pochi leggevano un libro. Una ragazza si era lentamente assopita e anche se batteva, di tanto in tanto, la testa contro il finestrino, a causa dei leggeri sbandamenti del treno, continuava a dormire. E’ tornata pienamente in sé, come se avesse sentito il rumore di una sveglia, qualche secondo prima che Il treno arrivasse al punto d'arrivo.
Nel percorso il treno si è fermato in alcune stazioni: Mogliano Veneto, Mestre Ospedale, Mestre Centrale e Venezia Santa Lucia.
Il viaggio è durato circa trentacinque minuti. Il tempo, per noi, è volato rapidamente, poiché eravamo assorti a contemplare il paesaggio e le scene umane che ci attorniavano.  Diana era felice! Lo è sempre quando viaggia in treno.
Giunti a Venezia dovevamo svolgere una breve incombenza in Campo (Piazza) San Polo, poi la giornata sarebbe stata tutta nostra. Appena usciti nel piazzale Roma, il paesaggio si presentava, anche per noi che Venezia l’abbiamo visitata più  volte, incantevole. Il fascino di Venezia, con i suoi meravigliosi palazzi, il Canal Grande, le gondole, il vaporetto, ecc., ci ha avvolti, come un grande mantello.
Numerosi turisti percorrevano i marciapiedi (per i Veneziani le fondamenta) e salivano le scalinate dei numerosi ponti, soffermandosi, di volta in volta, sulle loro sommità per ammirare il paesaggio da entrambi i lati e, poi, fotografarlo. Si vedevano luccicare variegate videocamere e macchine fotografiche digitali e non, che peraltro immortalavano anche le gondole che passavano sotto i ponti.  I turisti erano numerosi. Abbiamo notato che c’erano, in prevalenza, cinesi e giapponesi, oltre naturalmente, inglesi, tedeschi, ecc., probabilmente erano scesi dalle numerose e piccole navi ancorate sulla banchina ai limiti del Canal Grande.
In una delle tante piazzole (campo per i Veneziani) vi era un uomo e una donna vestiti con costumi d’epoca, erano accostati, e, davanti a loro avevano posato, a terra, un capiente cestino in giunco, per raccogliere il frutto della loro attività. Chiedevano a chi li fotografavano, una moneta (un euro). Se qualcuno non metteva l’obolo, per dimenticanza o furbizia, con forme alquanto eloquenti lo invitavano a farlo subito.
Dopo aver superato il Ponte di Rialto e percorso un breve tratto di fondamenta, siamo giunti alla nostra meta. In poco più di mezz’ora siamo riusciti a portare a termine l’incombenza. Eravamo, da questo momento, senza vincoli, liberi di visitare, in lungo e in largo, Venezia.
Ci siamo subito diretti, a piedi, verso Piazza San Marco e, nel percorso abbiamo visto pregevoli opere, di pittura e scultura, esposte in alcune chiese con ingresso libero. Osservando le scritte e le indicazioni riportate nei palazzi all’inizio delle vie, siamo riusciti, pur avendo abbandonato una cartina topografica di difficile lettura, ad arrivare, senza alcuna difficoltà, in piazza San Marco davanti alla maestosa cattedrale. Abbiamo potuto osservare soltanto la sua meravigliosa facciata, con i bellissimi mosaici e le sue sculture, poiché era impossibile entrare in chiesa per la lunga e larga coda di turisti che in fila attendevano, pazientemente, di visitare la Basilica. Il corteo dalla porta del duomo arrivava oltre le colonne di San Marco e San Tòdaro. Alcuni turisti in fila, mettevano a profitto l’attesa comprando, passando vicino a un botteghino collocato nel percorso, alcune magliette con la scritta “Venezia”.
Dopo aver ammirato l’incantevole piazza, con l’orologio e i due mori, ci siamo seduti  per qualche minuto, su una panchina in marmo alla base del campanile, meta, anche questo, di numerosi turisti che salivano sulla sommità dell’importante manufatto per provare il piacere di ammirare i numerosi tesori architettonici del luogo.
Nel cammino sin qui fatto abbiamo incontrato due nomadi che mendicavano, ignorati dai passanti.
Superata la piazza di San Marco, ci siamo intrattenuti ad ammirare l’isola di San Giorgio che si trova, in bella vista, sulla linea dell’orizzonte. Abbiamo proseguito, sulla sinistra, verso le prigioni.
Il Palazzo Ducale collegato alle prigioni con il ponte, si ergeva imponente. In quel ponte, chiamato dei “sospiri” vi transitavano i condannati.
Abbiamo percorso la via per un migliaio di metri e, alla fine, abbiamo notato, a ridosso della sponda del canale, che erano ormeggiate alcune navi di medie dimensioni.
La strada (fondamenta) era di difficile percorrenza in quanto, in quel momento, passavano numerose persone.
Eravamo stanchi perché da tre ore stavamo camminando. Una panca posta davanti ad un albergo, ci ha permesso di fermarci e riposare un po’. Il sole cocente riscaldava così forte che, dopo alcuni minuti, abbiamo dovuto interrompere la nostra sosta e proseguire il tragitto.
L’ora del pranzo si avvicinava. Siamo ritornati indietro e, ad un certo punto, abbiamo percorso delle calli sin a quel momento inesplorate. Alcune, tra un palazzo e l’altro, avevano una larghezza di un metro e, forse anche meno.
Ci siamo fermati, In alcune vie secondarie, a guardare i panni stesi al sole ad asciugare, dai colori talvolta vistosi e variegati, che davano la parvenza di numerose bandiere. Erano allineati sopra a delle corde, le cui estremità erano ancorate fra due palazzi. Le funi, con l’ausilio di una carrucola, si spostavano, per le necessità della casalinga.  Abbiamo oltrepassato un ponte, a larghe pedate, assiepato, in entrambi i lati, da numerosi venditori, non autorizzati, i quali avevano messo la loro mercanzia sopra a ciascuno scalino in un telo in lino. Vendevano un po’ di tutto: occhiali da sole, cappelli, orologi, borse, giocattoli, ecc. Il drappo serviva per raccogliere e portare via in fretta la merce, nel caso fosse arrivata la polizia municipale, come avevamo potuto osservare prima di arrivare nel luogo. Avevamo, infatti, assistito ad una scena: un venditore isolato, sempre illegale, aveva disposto, la sua mercanzia, sopra un telo quasi bianco, in mezzo alla via (fondamenta) molto frequentata. Si è avvicinato un uomo, un commerciante o, forse, un vigile in borghese, e gli ha intimato di spostarsi e di andare da un’altra parte. Il venditore fingeva di non capire. Allora l’uomo con fare inflessibile gli ha detto: ”O ti sposti o getto la tua merce nel canale”. Il ragazzo comprese immediatamente il messaggio e, senza proferir parola, alzò con le mani, con grande rapidità, i quattro angoli del telo e raccolse, come in un fagotto, ciò che possedeva, dileguandosi in una strada laterale.
Dopo aver esaminato, nei ristoranti che incontravamo, i “ Menu” esposti ed i prezzi in essi indicati, abbiamo deciso di scegliere una trattoria che praticava il prezzo fisso. Nella carta che ci hanno portato non siamo riusciti a capire perché proponessero il “Menù” distinguendo quello “Italiano”dal “Veneziano”. Abbiamo optato per una pastasciutta con seppioline (l’odore era sgradevole) l’ho mangiata, a fatica, soltanto per appagare il mio appetito, poi una frittura di pesce, non abbondante, tuttavia abbastanza buona, con un piattino di verdura cruda, completamente scondita, anche se il cameriere, quando  l’ha portata aveva affermato il contrario. D’altronde l’oliera non poteva essere contenuta sul tavolo che occupavamo, poiché non superava i cm. 40 x  40.  Si fa per dire, una vera comodità!  Era unito ad un altro tavolo e, dopo che ci eravamo seduti, l’hanno diviso per dar posto ad altri clienti. Abbiamo inoltre consumato, una birra media ed un caffè. Eravamo consapevoli che la birra e il caffè ci sarebbero stati addebitati a parte, anche se nei ristoranti in Treviso, quando si parla di prezzo fisso, comprendono una bibita e spesso anche il caffè. Il prezzo fisso è reale e, non praticano alcun extra.
In questo caso, invece, quando ci hanno portato il conto abbiamo riscontrato che il prezzo fisso non era tale perché in aggiunta al costo del “Menu fisso”, oltre alla birra e al caffè ci hanno addebitato il servizio pari al 12%. Ci siamo allora chiesti, se il servizio è addebitato a parte, perché, ad esempio, ci hanno fatto pagare due caffè cinque euro anziché due?
Abbiamo deciso che, quando ritorneremo a Venezia, quella trattoria sarà cancellata dalle nostre frequentazioni e, saremo più cauti nel valutare i fittizi “menu fissi”.
Terminato il pranzo, piuttosto fugace, siamo usciti e siamo andati ad acquistare due gelati da passeggio in cono che abbiamo consumato guardando le vetrine di alcuni negozi. Le botteghe più replicate erano quelle che esponevano le maschere e i cristalli di Murano. Ci siamo fermati in un punto vendita di vestiti ed abbiamo comprato una cravatta e, in un altro, una maglietta, a prezzi convenienti.  
Quando avevamo necessità di andare in bagno, anziché recarci nelle toilettes che si trovavano nel percorso, con tariffa di 1,5 Euro a persona, preferivamo bere dei caffè nei bar guarniti di tali servizi.
Ci siamo fermati in una piazza, in cui vi era un albero dalla folta vegetazione che aveva dei frutti di more rosse pur non essendo un gelso. All’ombra dello stesso erano state messe, a forma di elle, due panchine. In una era seduta una signora e l’altra era vuota. Abbiamo approfittato per sederci in quest’ultima. Il sedile era abbastanza comodo, per cui abbiamo deciso di sostare sino all’ora stabilita per la partenza.
In fondo alla piazza vi era una fontanella, molto frequentata, nella quale fuoriusciva l’acqua dalla fenditura in cui era posto, in origine, un rubinetto. I numerosi colombi, incuranti delle persone che si dissetavano nella provvidenziale fonte, o, che si accostavano per riempire la bottiglia, da poco vuota, bevevano, senza scostarsi, nella piccola pozzanghera che si era formata, in basso, vicino al chiusino di scarico. Dopo essersi abbeverati, volavano su e giù nella piazza, fermandosi a beccare, con insistenza, le briciole che cadevano dal pasto frugale che diverse persone, pur in movimento, stavano consumando.
La Signora, sulla sessantina, seduta sulla panchina, probabilmente una badante di nazionalità rumena, telefonava in continuazione. Dopo alcune chiamate sono arrivate due donne un po’ più giovani, e, della stessa professione. Con grande oratoria le intratteneva e, da quanto abbiamo potuto capire, pur non conoscendo la lingua, stava descrivendo circostanze attinenti la propria assistita. Il tono e le parole che usava non ci sembravano accattivanti, peraltro, palesemente condivise dalle colleghe. Ad un certo punto ci è sembrato, che tutte e tre inveissero contro le persone anziane cui facevano riferimento.
Inconsapevolmente stavamo ascoltando la loro conversazione.  Non appena si sono avvedute che potevamo aver compreso il contenuto dei loro discorsi, si sono alzate e, in fretta, si sono eclissate.
Un po’ prima dell’ora prevista, ci siamo avviati verso il tratto che ci portava alla stazione ferroviaria.
Tanto che abbiamo potuto anticipare la partenza di un’ora. Il treno regionale in cui siamo saliti si fermava in ogni stazione del percorso. Ci ha fatto visita il bigliettaio che ha controllato il possesso e la regolarità dei biglietti.
Eravamo stanchi, per cui non siamo riusciti ad osservare, con interesse, come nel tragitto dell’andata ciò che ci girava attorno.
All’arrivo siamo saliti, dopo circa mezz’ora di attesa, sull’autobus che ci portava vicino a casa. Siamo scesi all’inizio della via. L’ultimo tratto l’abbiamo fatto a piedi.
All’arrivo eravamo stanchi ma felici di aver trascorso una giornata indimenticabile nella grande e meravigliosa città di Venezia.
             (17/7/2012)     Ilario Menegaldo



domenica 5 agosto 2012

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