A mezzogiorno, il
sole infuocato splendeva nel cielo limpido. La sabbia sulla spiaggia era
asciutta, calda, e scottava i piedi nudi. Per lenire la sofferenza le persone, in
movimento, saltellavano con rapidità sino al proprio spazio d’ombra. L’arena
era bagnata dalle onde di un mare calmo che rifletteva, se pur con maggior
intensità, l’azzurro del cielo.
A poche miglia
dalla riva numerose barche facevano sfoggio delle loro meravigliose vele. Più
vicino, alcuni pedalò, in gran movimento, erano utilizzati da ragazzi, che, per
gara si tuffavano nell’acqua e, poi, nuotando risalivano rapidamente nel mezzo
acquatico per ripetere la prodezza. Nello spazio in cui si esibivano, non vi
erano bagnanti, mentre più in qua la superficie del mare era invasa da miriadi di
teste galleggianti che scomparivano nei flussi e poi riemergevano.
Numerosi ombrelloni
dalle tinte variegate e dai colori vivaci occupavano, con dimensioni e forme diverse,
la parte della spiaggia libera, quasi addossati uno sull’altro e disposti in
modo casuale. Di là dal muretto e, al di qua, dove la spiaggia è assegnata in
concessione agli stabilimenti balneari e ad alcuni condominii, i colori e le
forme degli ombrelloni si presentavano omogenei, così come le sedie a sdraio. Le
aree riservate agli utilizzatori, erano abbastanza spaziose e, le attrezzature,
tra un gestore e l’altro, per esigenze di visibilità, erano nel loro insieme, diverse
per struttura e tinta.
Quest’ambiente, piuttosto
caotico, a un tratto, si è quasi offuscato, e la mia attenzione è stata
attratta da una scena di vita che merita di essere descritta:
Oltre al muretto,
vicino a due sedie a sdraio e a un ombrellone, vi era in costruzione un castello
di sabbia. Due bambini della stessa altezza e della medesima età (circa quattro
anni), stavano arrivando dal bagnasciuga con un secchiello pieno d’acqua, diretti
verso il loro cantiere per ultimare i lavori. Il recipiente era pieno sino
all’orlo, ma l’acqua non tracimava, poiché era tenuto dai protagonisti in
perfetto equilibrio. Un bambino teneva il manico con la mano sinistra e l’altro
con la mano destra. I loro sguardi trasmettevano una felicità travolgente. Il
bambino di sinistra era di pelle nera e quello di destra di pelle bianca. Perfetta
integrazione di razze!
Dovremo prendere
esempio dalla genuinità di queste scene per mettere al bando le incomunicabilità tra i popoli.
Ilario Menegaldo
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