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IN QUESTO SITO SONO INSERITI ALCUNI VIDEO E FOTO DELLE MIE OPERE E MOSTRE DI PITTURA AD OLIO, RECENTI E MENO RECENTI, SU ALCUNI QUADRI MI SOFFERMERO', DI TANTO IN TANTO, AD ILLUSTRARNE I CONTENUTI E LE TECNICHE ADOTTATE.
INSERIRO' INOLTRE QUALCHE APPUNTO TRATTO DAL MIO DIARIO E ALCUNI VIDEO DEI MIEI VIAGGI.
INSERIRO' INOLTRE QUALCHE APPUNTO TRATTO DAL MIO DIARIO E ALCUNI VIDEO DEI MIEI VIAGGI.
domenica 30 dicembre 2012
venerdì 28 dicembre 2012
Fuochi d’artificio a Caorle.
Nel
cielo la luna, tonda, scintillante e, con delle macchie, aveva l’apparenza di
un volto. Illuminava, attorniata da alcune stelle, un’ampia area senza luce. Di
fronte a noi il fiume Livenza scorreva lentamente, con un sommesso gorgoglio,
verso la vicina foce per immettersi nel mare Adriatico.
Due
cigni, con circospezione, si sono fatti vedere per alcuni istanti e, subito
dopo, in silenzio, sono scomparsi nella notte, quasi per non disturbare i
numerosi spettatori che, per non perdere l’esibizione, si erano anticipatamente
radunati, lungo gli argini del corso d'acqua. Alcuni erano seduti sul muretto,
con i piedi appoggiati sopra le rocce poste a protezione delle onde.
Dalla
vicina darsena numerosi natanti, con dimensioni e forme diverse, muniti di
fievoli luci, s’immettevano, con il sordo rumore dei motori, nel fiume, diretti
verso il mare, per assistere, in una posizione privilegiata, all’evento.
Nell’altra
sponda, vi erano dei piccoli caseggiati, attorniati da alberi, alcuni con delle
luci accese che si riflettevano debolmente sull’acqua, formando delle lunghe e
fluttuanti scie in direzione delle persone. Il faro, posto ai limiti del fiume
Livenza, continuava imperterrito ad inviare, ai naviganti, i previsti segnali
ad intermittenza.
Nel
contesto, l’unica nota che sembrava stonata, era la presenza di un ragazzo che,
con una canna, illuminata alla sua sommità, si era messo a pescare.
Lo
spettacolo pirotecnico doveva svolgersi in prossimità del Santuario della
Madonna dell’Angelo a Caorle in riva al Mare a circa due chilometri, in linea
d’aria, dalle nostre postazioni.
Dopo
la lunga attesa, ecco il primo scoppiettio, coperto in parte da un lieve
mormorio di compiacenza degli astanti.
Alcuni
genitori avevano sistemato i loro bambini sulle spalle, a cavalcioni, affinché
potessero vedere meglio.
Lo
spettacolo era meraviglioso, grandi cerchi con cascate scintillanti, di multiformi
colori, e, in cielo, la luna con il suo gran faccione sembrava assistere con
interesse allo show.
Di
alcuni fuochi d’artificio, di corta gittata, si sentiva solo il rumore, poiché
erano fuori della nostra vista e nascosti, nella traiettoria, dalle case e
dalla vegetazione. Per quelli visibili si poteva apprezzare la maestria della
loro composizione, condivisa peraltro, con entusiasmo, da una bambina che,
sopra la testa del papà, batteva, al loro apparire, le mani. Con tre forti
botti finali, si è conclusa la manifestazione. La gente ha incominciato a
muoversi e la strada, verso le case e i palazzi, si è riempita, in poco tempo,
di persone.
Eravamo,
forse, tutti parzialmente soddisfatti, per non aver visto alcuni fuochi e
ciascuno, in cuor suo, avrà certamente espresso il desiderio di assistere,
nella prossima edizione, allo spettacolo pirotecnico in loco.
Sono
queste, comunque, circostanze che stimolano i rapporti sociali e di amicizia
fra le persone.
mercoledì 26 dicembre 2012
venerdì 21 dicembre 2012
martedì 18 dicembre 2012
LA FEDELTA’ DI UN BASTARDINO
In una villa, fatiscente, situata
nell’immediata periferia della città, a nord del paese, viveva una donna
anziana, ultraottantenne di bel portamento.
L’alloggio, con accesso principale da un
grande ed alto cancello, mostrava ancora nelle sue armoniose strutture,
l’imponenza di un tempo. La donna condivideva l’edificio con altri familiari,
riservando per se, una piccola parte della casa.
Di fronte alla facciata principale, del caseggiato e ai
suoi lati, si estendeva un ampio giardino, da qualche tempo privo di qualsiasi
cura. Questo spazio, pur trascurato, lo utilizzava, per fare quattro passi,
soprattutto durante le giornate uggiose. Le era particolarmente caro
specialmente per far correre, in lungo e in largo, con i suoi gesti a comando,
il proprio amato cane, Elvi, un bastardino di color marrone.
Spesso lo portava, tutta felice, a fare un
giro lungo le strade adiacenti alla propria abitazione. Il cane le camminava a
lato, senza guinzaglio, e, se si fermava a chiacchierare con una conoscente,
aspettava, senza muoversi, che terminasse la conversazione. Talvolta la donna
allungava il percorso utilizzando una vecchia bicicletta. Il cane gli correva
appresso a breve distanza. Era un buon cane, amava giocherellare con i bambini
e la seguiva ovunque.
Il connubio tra i due è durato per qualche
anno. Con l’avanzare dell’età, accusò i primi acciacchi e, ritenne allora di
sospendere le uscite in bicicletta. Dopo qualche tempo ridusse anche i percorsi
a piedi. Alla fine si limitò a spostarsi unicamente all’interno del suo
giardino.
Per effetto di una parziale riduzione delle
capacità motorie, i familiari ritennero di collocarla in una casa di riposo, e,
da tre mesi, risiede in quel luogo.
La sua ex villa è collocata in una curva di
una strada alquanto frequentata, perciò quando ci si passa davanti è visibile
il grande cancello, e, ai lati, una rete metallica, oltre la quale si può
vedere all’interno, fermo, in posizione d’attesa il cane dell’anziana signora.
E’ lì tutti i giorni, con i suoi occhi languidi, ormai da tre mesi e, aspetta, aspetta, con la
speranza che ritorni. E’ l’attestazione più autentica di una fedeltà speciale.
Ho pensato di chiedere ai familiari di
portare Elvi a far visita alla sua padrona. Entrambi sarebbero, se pur per
breve tempo, appagati di una felicità immensa! Il mio proposito si è spento sul
nascere, perché oggi, Elvi, non era lì dietro alla rete. Dopo un lungo periodo
d’inedia, non ha resistito al vuoto e se ne è andato in silenzio, chiudendo gli
occhi senza alcun gemito.
Ilario Menegaldomercoledì 12 dicembre 2012
IN ASCENSORE
Quando entri in un ascensore e
trovi una persona, non inizi alcuna conversazione, poiché il tragitto è
talmente breve che non riusciresti a finire il discorso. Se la conosci ti
limiti al saluto. Se non la conosci guardi in continuazione in alto, in su, in
giù e davanti, e, quando, per caso, incroci gli occhi dell’altra/o giri subito
la testa, come per scusarti e far vedere che non l’hai fatto apposta. E’ una
sofferenza! Quando nel tuo piano la porta si apre, senza accorgerti, fai un respiro
un po’ più profondo perchè la situazione critica è finita. Ora ti puoi
rilassare!
martedì 11 dicembre 2012
giovedì 6 dicembre 2012
lunedì 3 dicembre 2012
Visita a Padova
Alle 7,09 siamo partiti con un
rapido da Treviso diretto a Padova. Durante le fermate intermedie sono saliti
in treno molti studenti che, con i loro movimenti, il vociferare e i limpidi
sorrisi, hanno reso più umano l’ambiente. Siamo giunti a Padova alle 8,20
circa. Dovevamo recarci all’Ospedale “S. Antonio” per una visita medica. Dopo
aver acquistato i biglietti in un’edicola, abbiamo preso l’autobus e, una volta
arrivati, dopo aver esperito le pratiche burocratiche di rito, abbiamo potuto
accedere all’ambulatorio. Alle 10,40 siamo usciti ed essendo stato l’esito
abbastanza positivo, eravamo psicologicamente un po’ sollevati. Abbiamo fatto
colazione nel bar di fronte all’uscita dell’Ospedale. Da quel momento eravamo
liberi ed intenzionati di visitare la città. La prima meta che ci siamo
proposti è stata quella di visitare la Basilica del Santo “Antonio”. Pensavamo
di farci condurre, a piedi, dal navigatore satellitare ma non riusciva a
connettersi al satellite poiché in cielo vi erano delle spesse nubi, cosicché
abbiamo dovuto chiedere ad un passante le necessarie indicazioni per arrivarci.
Circa un chilometro. Nel percorso di Via Jacopo Facciolati abbiamo potuto
apprezzare la bellezza di alcuni caseggiati d’epoca e di un fiume (sotto il
ponte di Pontecorvo passano il Canale di Santa Chiara, che più in la è il
Naviglio Interno e la canaletta dell'Alicorno, proveniente dal Prato della
Valle). Oltrepassata la porta di Ponte Corvo, superata la Piazza omonima
abbiamo proseguito per Via S. Francesco, dopo aver girato a sinistra per via
Melchiorre Cesarotti al termine della quale siamo giunti in Piazza del Santo.
Nel percorso abbiamo incontrato
alcuni mendicanti, un uomo sulla quarantina che suonava la fisarmonica ed aveva
sistemato davanti a se un cappello facendo appello alla generosità dei
passanti, più avanti uno in ginocchio, con in mano un pezzo di cartone in cui
non c’era scritto alcunché (probabilmente era al rovescio oppure era
consapevole che la gente avrebbe guardato la circostanza in modo distratto e
distaccato), ogni donazione la prendeva muovendo una mano in modo così veloce
da creare un contatto diretto con quella dell’offerente. Più oltre un altro, in
piedi, che cercava di avvicinarsi ad ogni passante e, palesemente, si potevano notare
le continue virate di chi lo incrociava.
Abbiamo ammirato la meravigliosa
struttura esterna della Basilica, frutto di tre ricostruzioni succedutesi negli
anni dal 1238 al 1310 e ora, in parte, in fase di restauro. Fuori del perimetro
del sagrato vi erano alcune bancarelle, di cui una sola aperta per la vendita
di immagini sacre e candele. Siamo entrati in chiesa passando sotto il portale
sinistro. Si stava celebrando una messa. Ci siamo sistemati lentamente a metà
della chiesa ed abbiamo assistito alla cerimonia. Terminata la funzione abbiamo
iniziato a visitare l’interno della Basilica. Molti anni fa c’ero stato con la
mia famiglia, ma non la ricordavo così ben provvista di pitture, affreschi e
sculture. La navata centrale ampia e spaziosa si distingue in due parti, quella
delle navate e quella dell’abside oltre il transetto, quest’ultima affrescata
di stile gotico nell’alzata e di diversa tipologia del gotico.
Più che i resti di decorazioni e dipinti,
colpiscono i numerosi monumenti funebri, che rivestono pilastri e altri spazi e
che risalgono soprattutto ai secoli XV-XVII. Vi si osserva sulla controfacciata
un affresco di Pietro Annigoni che raffigura S. Antonio che predica dal
noce.
Sulla prima colonna della navata
di sinistra si può ammirare la Madonna del Pilastro affrescata da Stefano da
Ferrara (metà del ‘300). La cappella del Santissimo detta dei Gattamelata
perché voluta dal condottiero Erasmo da Narni (1443) in stile gotico.
Sulla navata destra c’è la Cappella di San Giacomo voluta
da Bonifacio Lupi, marchese di Soragna (Parma) l’ambiente gotico è stato
realizzato da Andriolo de Santi scultore veneziano. Poi la Crocifissione un
capolavoro di Altichiero da Zevio (Verona) il massimo pittore Italiano della
seconda metà del ‘300.
Proseguendo si lascia a destra l'uscita che conduce al Chiostro della Magnolia e, più
avanti, l'entrata
verso la Sacrestia; a sinistra, invece, il complesso
presbiterio-coro chiuso da una superba cortina marmorea.
Nella Cappella delle benedizioni i fedeli amano ricevere la benedizione unitamente ad oggetti personali.
In questo contesto, abbiamo avuto modo, in quattro, di
ricevere la benedizione da un frate che l’ha estesa anche ad un oggetto di un
convenuto.
La Crocifissione (1983). - Le proporzioni, lo stacco e il risalto conferito dalla finta parete con cui è raffigurato il Crocifisso suscitano un'immediata forte reazione.
La Crocifissione (1983). - Le proporzioni, lo stacco e il risalto conferito dalla finta parete con cui è raffigurato il Crocifisso suscitano un'immediata forte reazione.
Uscendo
dalla cappella, guardiamo in alto per risollevarci l'animo nelle serene e alte
volte della parte absidale della Basilica. Proseguiamo lasciando a destra la Cappella americana o di santa Rosa da Lima (1586-1617) patrona
dell'America, delle Filippine e delle Indie occidentali; cui segue la Cappella germanica o di san Bonifacio
(673-755), grande evangelizzatore della Germania; infine la Cappella di santo Stefano,
primo martire cristiano, contenente chiari e agili affreschi dell'italiano
Ludovico Seitz (1907).
Visitiamo La Cappella gotica del Tesoro con le sue sei statue di marmo, dei Parodi.
Al di là
della balaustrata, il passaggio che consente di ammirare il "tesoro"
della Basilica, che dà il nome alla cappella e che è raccolto in tre nicchie
distinte che racchiudono reliquie di sant'Antonio e di altri santi.
Prima di
uscire ci siamo recati alla tomba di S. Antonio, collocata, temporaneamente, in
una Cappella sulla destra della parte centrale della Basilica. Ci siamo
fermati, come altri, in raccoglimento vicino al sarcofago e poi ci siamo seduti
su delle panche laterali in legno, formate da
particolari nicchie adatte ad accogliere i fedeli in forma singola.
Attorno
alla tomba sostavano in preghiera alcune persone di diverse etnie e con una
mano toccavano il sarcofago.
Usciti
dalla Basilica ci siamo diretti verso il gran piazzale di Prato della Valle con
l’intenzione di visitare la grandiosa Basilica di Santa Giustina, che si trova
ai margini del piazzale stesso. Siamo giunti nel momento in cui il sacrestano
chiudeva il portone di accesso, essendo ormai superato mezzogiorno.
Abbiamo
allora proseguito verso il centro del piazzale ed abbiamo visitato la parte
dedicata al passeggio, con i suoi ponti sul fiume e le numerose statue che
contornano le rive.
Il Prato
della Valle è certamente una delle più spettacolari ed
affascinanti piazze del mondo. Le acque attorno all'isola sono alimentate dal Canale Alicorno.
Verso la
parte nord, ai limiti della piazza vi era un mercatino con alcuni banchi di
frutta. Ci siamo avvicinati ed abbiamo passato in rassegna i prodotti esposti.
Frutta e verdura dai colori vivaci, di ottima qualità e, soprattutto, con i
prezzi più competitivi di quelli praticati nella città di Treviso.
Essendo
ormai l’ora di pranzo ci siamo messi in cammino per trovare un locale in cui
poterci ristorare.
Nel
percorso qualche sguardo rapido alle vetrine, qua e là, per individuare ciò che
cercavamo. Abbiamo percorso un lungo viale e siamo arrivati in via
dell’Università, sino a giungere davanti alla sede Universitaria, dove alcuni
amici e parenti festeggiavano la laurea appena conseguita da una giovanissima e
bella ragazza.
Proseguendo
abbiano superato alcuni bar, con dei tavoli all’esterno occupati da numerosi
studenti che stavano desinando con dei panini e delle bibite.
Dopo
qualche centinaio di metri abbiamo trovato un bar-ristorante in cui abbiamo
potuto pranzare in modo un po’ frugale.
Il cielo
nel frattempo si era rasserenato.
Dopo circa
45 minuti ci siamo rimessi in cammino per completare la visita alla città.
Abbiamo passeggiato, quasi sempre, sotto a dei lunghi portici in cui vi si
trovavano numerose vetrine. All’esterno di una libreria, un giovane uomo, di
colore, offriva ai clienti che uscivano dal negozio dei libri che teneva in
mano, senza insistere molto.
Abbiamo
camminato in lungo in largo per circa due ore, scorgendo di tanto in tanto
resti di mura veneziane, dopo di che abbiamo preso, davanti al piazzale del
Santo, un piccolo autobus diretto alla stazione. Dopo circa 20 minuti, con le
ruote che rombavano su strade secondarie di porfido e ciottolato, siamo
arrivati alla stazione. Abbiamo controllato sulle bacheche l’ora di partenza del
treno per Treviso e il relativo binario. Nell’attesa ci siamo accomodati in una
panchina, abbiamo osservato il via vai dei passeggeri nonché la movimentazione
dei clienti in un negozio di scarpe all’interno della stazione. Una zingara
chiedeva l’elemosina e, al sopraggiungere di due vigili, si è affrettata a
dileguarsi.
Alle 4,28
abbiamo preso il treno e alle 17,30 circa eravamo a Treviso.
Dalla
stazione a casa abbiamo fatto la strada a piedi.
La giornata si era conclusa appagati dal buon
esito dell’esplorazione.
Ilario Menegaldo
domenica 2 dicembre 2012
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