In una villa, fatiscente, situata
nell’immediata periferia della città, a nord del paese, viveva una donna
anziana, ultraottantenne di bel portamento.
L’alloggio, con accesso principale da un
grande ed alto cancello, mostrava ancora nelle sue armoniose strutture,
l’imponenza di un tempo. La donna condivideva l’edificio con altri familiari,
riservando per se, una piccola parte della casa.
Di fronte alla facciata principale, del caseggiato e ai
suoi lati, si estendeva un ampio giardino, da qualche tempo privo di qualsiasi
cura. Questo spazio, pur trascurato, lo utilizzava, per fare quattro passi,
soprattutto durante le giornate uggiose. Le era particolarmente caro
specialmente per far correre, in lungo e in largo, con i suoi gesti a comando,
il proprio amato cane, Elvi, un bastardino di color marrone.
Spesso lo portava, tutta felice, a fare un
giro lungo le strade adiacenti alla propria abitazione. Il cane le camminava a
lato, senza guinzaglio, e, se si fermava a chiacchierare con una conoscente,
aspettava, senza muoversi, che terminasse la conversazione. Talvolta la donna
allungava il percorso utilizzando una vecchia bicicletta. Il cane gli correva
appresso a breve distanza. Era un buon cane, amava giocherellare con i bambini
e la seguiva ovunque.
Il connubio tra i due è durato per qualche
anno. Con l’avanzare dell’età, accusò i primi acciacchi e, ritenne allora di
sospendere le uscite in bicicletta. Dopo qualche tempo ridusse anche i percorsi
a piedi. Alla fine si limitò a spostarsi unicamente all’interno del suo
giardino.
Per effetto di una parziale riduzione delle
capacità motorie, i familiari ritennero di collocarla in una casa di riposo, e,
da tre mesi, risiede in quel luogo.
La sua ex villa è collocata in una curva di
una strada alquanto frequentata, perciò quando ci si passa davanti è visibile
il grande cancello, e, ai lati, una rete metallica, oltre la quale si può
vedere all’interno, fermo, in posizione d’attesa il cane dell’anziana signora.
E’ lì tutti i giorni, con i suoi occhi languidi, ormai da tre mesi e, aspetta, aspetta, con la
speranza che ritorni. E’ l’attestazione più autentica di una fedeltà speciale.
Ho pensato di chiedere ai familiari di
portare Elvi a far visita alla sua padrona. Entrambi sarebbero, se pur per
breve tempo, appagati di una felicità immensa! Il mio proposito si è spento sul
nascere, perché oggi, Elvi, non era lì dietro alla rete. Dopo un lungo periodo
d’inedia, non ha resistito al vuoto e se ne è andato in silenzio, chiudendo gli
occhi senza alcun gemito.
Ilario Menegaldo
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