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domenica 15 luglio 2012

RECENSIONE DEL PROF. LINO SERENA

Morbide colline, fughe di alberi, acque trasparenti: i paesaggi di Ilario Menegaldo si ispirano per lo più alle dolci forme della terra veneta, ma mostrano una particolare predilezione per il Sile: il fiume gentile appare immerso nella gelida luce di una limpida giornata invernale, o rischiarato da “un bianco cielo quieto" al sorgere dell'alba, o intriso di verde per la ricca vegetazione che vi si specchia dalle sue rive. Ma è proprio il Sile quel fiume che vediamo raffigurato nelle tele di llario?
Scrive il poeta: ”Io ti dirò verso quali reami / d'amor ci chiami il fiume, le cui fonti / eterne a l'ombra de gli antichi rami / parlano nel mistero sacro dei monti": e I'Arno non è più I'Arno, ma un fiume misterioso che cela il segreto della sua sorgente e della sua foce: magia della parola. Anche il Sile nell'opera di llario non è più il Sile, ma un fiume che sgorga silenzioso da misteriose azzurre lontananze e si avvia, forse, verso un non meno misterioso regno d'amore: magia del colore. Perché I'artista non riproduce semplicemente la realtà, ma la interpreta, la elabora, la abbellisce. Pittore o scultore o musicista che sia, egli è pur sempre un poeta, cioè un creatore: e il pittore, se è davvero poeta, quando ritrae un paesaggio, lo trasfigura e lo ricrea in ossequio ad una esigenza profonda del proprio io. Poco si preoccupa della corrispondenza con la realtà della sua creazione, ma cerca piuttosto di esprimere e di trasmettere le emozioni che il paesaggio stesso ha suscitato nel suo spirito. "Più espressione di sentimenti che pittura": cosi Beethoven volle che gli ascoltatori interpretassero la sua sesta sinfonia. "Più espressione di sentimenti che puntuale riproduzione della realtà", si potrebbe dunque affermare della pittura di llario, e i sentimenti saranno quelli della bellezza e della nostalgia: bellezza talvolta nascosta allo sguardo del passante frettoloso e distratto, ma scoperta da chi vede - suggerisce Saint-Exupéry - col cuore piuttosto che con gli occhi; nostalgia di una natura pulita, fresca, intatta, come doveva apparire (sogno di poeta...) all’alba del biblico settimo giorno.  Quindi, piuttosto che llario pittore del Sile diremo, con maggior verità, Ilario poeta del Sile.
Treviso,16/6/2012.                                                                                                   Prof. Lino Serena

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